“Una
copertina appare solo quando il libro è terminato, solo quando sta per fare il
suo ingresso nel mondo. Segna la nascita del libro, e dunque la fine del mio
percorso creativo. Conferisce al libro un sigillo di indipendenza, una vita
propria. Indica a me che il mio lavoro è concluso. Quindi mentre per la casa
editrice la copertina significa l’arrivo del libro, per me invece significa un
addio.”
Vi è mai capitato di
acquistare un libro perché attirati dalla sua copertina? E di acquistarlo
solamente per riporlo nella libreria e di tanto in tanto ammirarlo senza mai
leggerlo?
Ogni lettore è differente
e sceglie le proprie lettura secondo diversi criteri, chi perché attirato dalla
trama, chi per la fiducia prestata ad un determinato autore, altri ancora per
il clamore suscitato da un certo titolo o per i Premi assegnati.
Ma avete mai
pensato a quanto la copertina sia importante e quanto questa ci influenzi?
Pensate solamente a
quando entrate in una libreria e date un’occhiata generale: verrete attirati
immediatamente da una bella copertina (poi magari leggendone la trama
deciderete di lasciarlo lì dove si trova) o da un libro con un titolo sopra un
semplice sfondo bianco?
È proprio di questo che
parla il bellissimo volumetto “Il vestito dei libri” (Guanda, 2017) di Jhumpa
Lahiri, scrittrice nata a Londra da genitori bengalesi e residente negli Stati
Uniti, autrice di cinque libri pubblicati in Italia da Guanda (“L’interprete
dei malanni”, “L’omonimo”, “Una nuova terra”, “La moglie”, “In altre parole”) e
vincitrice nel 2000 del Premio Pulitzer.
“Il vestito dei libri” è
un interessantissima visione del mondo delle copertine dei libri, la percezione
da parte degli scrittori che ne vedono applicata una ai propri scritti e
l’importanza che questa riveste nel mondo dell’editoria.
“Quando,
a trentadue anni, ho iniziato a pubblicare libri, ho scoperto che un’altra
parte di me andava vestita e presentata al mondo. Ma ciò che viene messo
addosso alle mie parole – le copertine dei miei libri – non è una scelta mia.
Mi trovo a volte costretta ad accettare copertine che trovo sgradevoli,
problematiche, deludenti. Tendo a cedere. Mi dico: lascia perdere, non vale la
pena di combattere. Ma poi ne resto afflitta, risentita.”
Jhumpa Lahiri
Un’esperienza non sempre
così positiva per chi il libro l’ha scritto mentre quasi sempre il lettore ignora
questo aspetto privilegiando la forza attrattiva delle copertine.
Di queste ne
sono state create milioni e qualche volta, Lahiri lo racconta in quanto
esperienza personale, la stessa è stata adoperata per più di un titolo,
appartenenti a differente autori, con il rischio di creare confusione.
Libri che narrano storie,
copertine che a volte ne raccontano di diverse pur trattandosi del vestito
delle prime. Per non parlare poi delle differenti versioni in relazione al Paese
di pubblicazione.
Poco più di trentaquattro pagine, scritte
durante il soggiorno a Roma dell’autrice, ricche di pensieri, di punti di vista
e soprattutto di libri, di storie e di copertine nelle quali il lettore, ma
soprattutto lo scrittore, può identificarsi, anche se non sempre con successo.
“Vedo
un miscuglio di libri senza giacca, con copertine rigide senza immagini, oppure
con una sovraccoperta protetta da plastica. Ci sono libri di ogni età, di ogni
genere, pubblicati negli ultimi anni o più di un secolo fa. Si vede un amalgama
di stili, di pensieri diversi. Si vede poca uniformità. C’è confusione ma anche
una sorta di allegria. Mi pare una festa composta di singoli individui che si
trovano comunque bene assieme. Percepisco un ambiente inclusivo. Suggerisce che
qualunque libro può entrare, può abitare sugli scaffali.”
“Fino al giorno in cui mi minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?” (Harper Lee)
Tempo di libri, la prima
edizione della fiera dell’editoria svoltasi dal 19 al 23 aprile 2017 alla fiera
di Milano Rho si è conclusa, ma cosa ne resta ora? Solamente polemiche, aspre e
non sempre motivate, o possiamo parlarne anche in positivo? Innanzitutto va ricordato
che quella di Milano è stata la fiera dell’editoria mentre a Torino si svolge
annualmente il Salone del Libro, due cose diverse, per quanto strettamente
collegate e con entrambe protagonisti i libri e i loro autori (e naturalmente
le relative case editrici), e voglio precisare che la mia esperienza è relativa
alla giornata di sabato 22 aprile, una delle due giornate con maggiore
affluenza di pubblico.
Tempo di Libri
Ciò che ho visto, in
quanto possessore di Press Pass, è che all'entrata (avvenuta in anticipo
rispetto agli altri) non c’era il minimo controllo, se non quello relativo al
pass, e una volta dentro i padiglioni sarebbe potuto accadere di tutto. C’erano
poliziotti che giravano ma sarebbe stato possibile introdurre qualunque cosa.
Vuoi che i terroristi si siano accorti della fiera dell’editoria? – direte voi.
E in effetti no, non lo credo, ma oggi come oggi non si sa mai.
A parte questo la
giornata è stata fitta di eventi, dalle ore 10:30 fino alle 19:30, circa un
centinaio, con l’imbarazzo della scelta per i lettori di ogni età, e divisi tra
le varie sale dei padiglioni 2 e 4, e i fuori
fiera. Le sale erano piene per ogni scrittore ma nonostante ciò la gente in
giro non è che fosse poi tanta.
L’Ufficio Stampa di Tempo
di Libri ha infatti ieri indicato che chiude
con 60.796 presenze in Fiera, cui se ne aggiungono 12.133 nelle 100 sedi del
Fuori Fiera. […] Il mondo delle storie attraversate dall’alfabeto si è dipanato
su 35mila mq e ha visto la partecipazione di 552 editori, grazie ai quali
personaggi, racconti, testimonianze e voci si sono distribuiti in 720 eventi
con 2.000 ospiti in Fiera e oltre 100 appuntamenti Fuori Tempo di Libri, tra
Milano, Rho, Sesto San Giovanni e Monza.
C’è chi dice si tratti di
dati falsati, altri se la ridono ricordando che i numeri del Salone del Libro
di Torino sono di oltre il doppio, altri ancora la rigirano sulla questione
politica.
Va anche ricordato che
protagonista della fiera è stato anche il MIRC (Milan International Rights
Center) che ha visto oltre 500
partecipanti, da 34 Paesi, e più di 6.500 appuntamenti. Significa nuove
traduzioni, nuovi scambi editoriali che porteranno gli scrittori italiani all'estero
e altri dall'estero in Italia.
Tempo di Libri, Il GGG
Diciamolo, il periodo
della manifestazione non è stato dei migliori, pochi giorni dopo la Pasqua e a
cavallo del ponte del 25 aprile.
Anche l’organizzazione degli eventi non è
stata delle migliori. È innegabile che non si sia trattato di un lavoro semplice
ma i tempi tra un incontro e l’altro sono stati troppo stretti, tanto da
ritrovarsi a dover interrompere a metà interessanti discussioni con personaggi
del mondo della cultura che non si incontrano ogni giorno e togliendo tempo al
pubblico che avrebbe amato poter fare domande allo scrittore/ice preferito/a.
E sì, la Mondadori (che
oggi è un gruppo che racchiude buona parte delle case editrici più note
italiane) ha senza dubbio predominato su tutto, ma si tratta pur sempre del
gruppo editoriale milanese per eccellenza e non ci si poteva aspettare
diversamente.
Ma questi particolari
sono davvero importanti? Vogliamo parlare del piacere provato dai lettori (i
veri protagonisti, purtroppo ancora in numero troppo basso in Italia) nell’incontrare
scrittori e personaggi del panorama culturale internazionale in ogni angolo
della fiera? Da Peppe Vessicchio a Francesco Piccolo, da Fabio Genovesi a Abraham
Yehoshua, e poi Luca Bianchini, Licia Troisi, Bertil Marklund, Michela Murgia,
La Pina, Giuseppe Lupo, Alan Friedman, Gigi Marzullo, Mauro Corona e Luigi Maieron, Jamie
McGuire, Geronimo Stilton e tanti altri!
Sarebbe stato bello
seguire ogni singolo incontro ma non è stato possibile, logisticamente
parlando.
Ecco però i tre che ho
seguito per intero e che non potevo perdermi!
L'importanza delle favole
oggi - Chiara Gamberale e Luis Sepúlveda con Pietro Cheli (Sala Tahoma, ore
10:30)
Poter vedere e ascoltare Luis
Sepúlveda, e da così vicino, è stato davvero emozionante. La semplicità è ciò
che colpisce da subito dell’autore cileno (oggi residente in Spagna) che nonostante
i milioni di copie vendute in tutto il mondo ha continuato a rimanere fedele a sé
stesso e alle sue origini. Sepúlveda ha raccontato la nascita del suo “Storia
di una lumaca che scoprì l'importanza di essere lenta” (Guanda, 2013) accentuando
l’eccessiva importanza che tendiamo ad attribuire alla velocità.
Luis Sepúlveda
<< Possiamo acquistare
una Lamborghini che va a 300 l’ora ma cosa ce ne facciamo se nessuna strada
europea permette di andare a questa velocità? >>
Più importante, sempre per
Sepúlveda, è invece comprendere la
diversità perché il vero protagonista
delle favole è la solidarietà, un valore universale ce non ha corporeità ma che
è sempre presente.
Chiara Gamberale ha poi
proseguito affermando che oggi non c’è
più tempo per annoiarsi, dalla noia, dal tempo libero, persino dai cartoni
animati, nascevano nuove storie. Il suo ultimo libro, “Qualcosa” (Longanesi,
2017) è una favola dedicata al non fare qualcosa di importante, al rischio che
corriamo di subire la vita senza viverla.
Nella parte finale dell’incontro,
su suggerimento del giornalista e scrittore Pietro Cheli, Sepúlveda e la
Gamberale hanno inventato una favola, un momento davvero bello e unico,
soprattutto per Lorenzo, un bambino seduto in prima fila che ne è divenuto il
protagonista inconsapevole.
I milanesi uccidono il sabato
- Rosa Teruzzi, Stefano Jacini, Biagio Goldstein Bolocan, Lorenzo Beccati e
Luca Crovi (Sala Gotham, ore 13:30)
I cinque scrittori
milanesi hanno raccontato i loro ultimi libri, tutti di ambientazione noir:
Rosa Teruzzi con “La sposa scomparsa” (Sonzogno), Stefano Jacini con “L’invidia
degli dèi” (Bompiani), Biagio Goldstein con “Il traduttore” (Feltrinelli),
Lorenzo Beccati con “Aenigma” (Nord) e Luca Crovi con “Noir. Istruzioni per
l’uso” (Garzanti).
La discussione è partita dalla
ragione che ha portato loro ad amare il giallo come genere letterario e di
quanto, per alcuni di essi, sia importante inserire un po’ di fantasia tra uno
spezzone e l’altro di realtà, Jacini in particolare lo ha affermato in
contrapposizione al rischio di cadere nel
verismo troppo spiccato.
Rosa Teruzzi, Lorenzo Beccati, Stefano Jacini
Goldstein ha inserito nel
suo libro anche un po’ della Milano calcistica, inserendo un protagonista
imponente, sia fisicamente che in quanto a carattere, ricordando che la
scrittura permette di immaginare l’invisibile o di ricostruire ciò che ormai è stato
distrutto.
Beccati ha narrato il suo
romanzo ambientato proprio nella sua banca e nato da una vicenda che vide la
nonna protagonista, truffata da due loschi figuri con una sorta di
inconsapevole ipnosi che la portò a consegnare ai due tutta la sua pensione in
cambio di un orologio farlocco.
Rosa Teruzzi ha invece
raccontato di come si sia divertita a mettere insieme tre donne nel suo “La
sposa scomparsa”, introducendo così quella parte della sua famiglia composta da
due sorelle, sua madre e una cagnolina, come volendo sperimentare cosa potesse
accadere nel farle incontrare – scontrare mettendole tutte e tre di fronte ad
un non semplice caso di cronaca da risolvere.
Interessante poi scoprire che l’affascinante
casello ferroviario del romanzo esiste realmente a Milano e che Rosa Teruzzi,
con la creazione di quattro associazioni di quartiere, stiano tentando di
riqualificarlo così da farlo diventare un luogo in cui leggere ed incontrarsi.
La verità è quasi sempre
una storia raccontata a metà - Sara Rattaro e Annarita Briganti (Sala Arial,
ore 16:30)
A questo incontro è stata
assegnata la J di Jane Austen e in effetti quale lettera migliore per un’autrice
che come la Austen si diletta a scandagliare l’animo umano, femminile in
particolare?
Sara Rattaro
In compagnia della
scrittrice Annarita Briganti, Sara Rattaro ha introdotto il suo “L’amore
addosso” (Sperling & Kupfer) e per i presenti in sala è stato come rivivere
la storia di Giulia, la protagonista, e delle sue mille insicurezze.
Quelle indecisioni
e incertezze che la stessa autrice, così come tutti noi, viviamo
quotidianamente.
<< Sono un’autrice
rivolta ai lettori. >>
Si è parlato poi dell’attualità
della sua storia, della difficoltà nelle relazioni, dello scalpore che può
suscitare ciò che non si sa, portando talvolta a conseguenze imprevedibili, e anche di maternità. La Rattaro, nonostante sia
madre, o forse proprio n ragione di ciò, è fermamente convinta che si possa
essere felici anche senza figli, fonte di gioia e occasioni uniche ma anche
di infinite preoccupazioni.
Potrei continuare per pagine e pagine perché
ci sarebbe ancora tanto da dire sugli stand, sull'infinità di libri presenti in
ogni angolo della fiera, sulle bloggers che giravano per i padiglioni, sull'atmosfera
gioiosa e rivolta alla cultura che si respirava ovunque.
A maggio ci sarà il
Salone del libro di Torino ma è già stata annunciata la seconda edizione di
Tempo di Libri, della quale tra un mese circa verrà comunicata la data.
Perché polemizzare tanto
quando si parla di cultura? Chi di voi c’era? Anche la vostra è stata un’esperienza
positiva? Mi piacerebbe poter avere le vostre opinioni, che ci foste o meno!
ANTEPRIME!
Segnatevi queste date:
18 maggio 2017: in uscita
sempre per la Sonzogno il seguito de “La sposa scomparsa” di Rosa Teruzzi che
pare stia già lavorando al terzo capitolo!
5 settembre 2017: è la
data ufficiale di uscita del nuovo atteso libro di Fabio Genovesi! Tutto il
resto è top secret ma uscirà per Mondadori e Carlo Carabba, attuale responsabile
della narrativa italiana della casa editrice, ne sarebbe rimasto incantato.
Alla Fiera Milano Rho si è aperta oggi, 19 aprile 2017, la prima edizione di Tempo di Libri (manifestazione organizzata da La Fabbrica del Libro, joint venture costituita da Fiera Milano e da Ediser, società di servizi dell’Associazione Italiana Editori), con una serie davvero numerosa di eventi che si avvicenderanno fino a domenica 23 aprile.
Dopo le polemiche del
mese di luglio del 2016 riguardo la decisione di mettere in primo piano Milano
a discapito dello storico Salone Internazionale del libro di Torino (questo,
alla sua trentesima edizione, si svolgerà dal 18 al 22 maggio), pare ora che
gli animi si siano acquietati e che entrambe le città abbiano deciso di
muoversi con relativa autonomia.
In fondo chi ha mai detto
che non possano esserci due fiere italiane dedicate al libro del calibro di Torino e
Milano? Non è mai troppo quando si lavora per la diffusione della cultura e
dell’editoria in particolare. E come ogni anno la speranza è che i visitatori
siano tantissimi e che tra questi possano nascere nuovi lettori!
Quindi vi chiedo: avete
già acquistato i biglietti o lo farete nei prossimi giorni? Io per la prima
volta parteciperò, insieme al mio co-redattore Enrico Z., come operatrice
media, in qualità di blogger! Abbiamo il nostro bell'accredito valido per tutta
la durata della manifestazione e non vediamo l’ora di immergerci tra i libri!
Per questioni di lavoro ci sarà possibile essere lì un solo giorno ma siamo
sicuri che sarà sufficiente per godere dello spirito del salone, incontrare
scrittori famosi e curiosare tra le centinaia di espositori presenti.
E naturalmente non
mancherà un bel resoconto per voi al ritorno!
Riportarlo qui sarebbe
impossibile, si tratta infatti di cinque giorni densi di incontri ed eventi, ma
per farvi un’idea vi dico che questo si divide secondo le lettere
dell’alfabeto: la A di Avventura, la B di Bacio, la C di Cena, la D di
Dissidente, la E di Estraneo, la F di Fumetto, la G di Grand Tour, la H di Hobbit,
la I di Immaginazione, la J di Jane Austen, la K di Kindergarten, la L di Luce
la M di Milano, la N di Numeri, la O di occhi, la P di Puntate, la Q di
Quanto?, la R di Rivoluzione, la S di Sangue, la T di Totò, la U di Uomini, la
V di Voce, la W di Wonder, la X di X, la Y di Youtube, la Z di Zaha Adid e la @
di @.
Idea carina, vero? Per
capire meglio vi faccio alcuni nomi: per la W ci sarà, tra gli altri, R.J.
Palacio, autrice della popolare serie di libri “Wonder”; per la B Lesley Lokko
(scrittrice e architetto ghanese naturalizzata scozzese) con il suo “La
debuttante” (Mondadori), Luca Bianchini con l’ultimo “Nessuno come noi”
(Mondadori); per la I Luis Sepúlveda e Chiara Gamberale con Pietro Cheli
parleranno de L’importanza delle favole
oggi; per la J Sara Rattaro e Annarita Briganti spiegheranno perché La verità è quasi sempre una storia
raccontata a metà. Per la lettera W domenica 23 aprile ci saranno anche gli
amici di “Quelli del Sabato” con il loro “C'era un svolta. 18 favole con un
finale diverso”. Per non parlare poi di Fabio Genovesi, Lorenzo Marone, Paolo Cognetti, Abraham Yehoshua, Lauren Kate, Mauro Corona, Rosa Teruzzi e tantissimi altri.
Considerando che ogni
giorno ci saranno circa cento eventi differenti avete solamente l’imbarazzo
della scelta! Compresi tutti gli incontri e le mostre che si svolgeranno in
città a Milano e nell’hinterland per “Fuori Tempo di Libri”.
E per chi di voi non
potrà raggiungere Milano eccovi l’elenco delle dirette streaming che saranno
trasmesse sul sito e sulla pagina Facebook! Link qui.
Si parlerà perciò di
libri ma anche di arte, di cucina, di musica, di nuove tecnologie e di
quant'altro riguardi la cultura che ci circonda quotidianamente.
Last but not least vi è
uno spazio dedicato al MIRC, il Milan International Rights Center nato con
l’intento di favorire l’incontro tra i grandi protagonisti dell’editoria con
protagonisti sia i principali gruppi editoriali che la media e piccola editoria
indipendente. Si spera in questo modo di contribuire alla crescita dei volumi
di vendita dei diritti editoriali di titoli italiani all'estero.
“Tra una fermata e
l’altra salgono e scendono passeggeri, un colpo, una gomitata, perdoni, mi
scusi, cedere il posto a quell’anziano, e Sonia pensa. Continuare. Nonostante
tutto, continuare. Una spirale senza fine. Buchi, necessità, mancanze. Parole,
etichette, scatole, prezzi. Salgono passeggeri. Tutto sempre in eccesso.
L’espansione. Filtrazione. Infilarsi persino nel buco più piccolo. Piccola
spinta, qualcuno protesta. Apparire in ogni spiraglio. In quello che legge. In
quello che scrive. In quello che indossa. In quello che pensa. La sua pretesa.
E la finzione di sottomissione. Di accettazione. Di amore.”
Sonia è una giovane donna
spagnola che ha vinto una borsa di studio per lavorare all’archivio comunale ma
più di tanto non può fare lì e si annoia.
Un lavoro grigio che la porta a
dirigersi verso altre mete ritrovandosi così ad esplorare il mondo delle chat.
Ne individua una letteraria e ne prende parte: qui si parla di libri, di
cinema, di cultura in generale e le pare interessante.
È poi divertente per lei osservare i vari pseudonimi e provare a crearsi nuove identità e perciò nuove esistenze.
Prima conosce Clarice, poi un giorno ecco che riceve un messaggio da un certo Knut
Hamsun, che lei aveva solamente intravisto tra i vari nomi, il quale le propone
di inviargli una foto per ricevere in cambio qualunque libro desideri.
Sonia
accetta e da quel momento ne nasce una sorta di amicizia morbosa in cui lui le
chiede informazioni di vario tipo e lei gli invia titoli di libri che lui ruba
per lei.
Il fatto è che lei si sente
lusingata, chi non vorrebbe una persona che ruba libri per noi senza volere
altro in cambio, se non uno scambio di messaggi? E se dai libri si passasse
all’abbigliamento, alle scarpe e ai cosmetici?
Nessuno mai aveva mostrato tanta
premura nei suoi confronti, nonostante la stranezza e l’essere solitario di lui
(non a caso il suo pseudonimo è preso in prestito dall'intellettuale norvegese
Knut Hamsun che a causa degli interessi sbagliati concluse la sua esistenza in
manicomio).
“Cicatrice” (Bompiani, febbraio
2017, traduzione di Sara Cavarero) è il quarto romanzo di Sara Mesa, scrittrice
madrilena classe 1976, insignita di diversi premi letterari.
Sara Mesa
La storia di Sonia è la
visione di ciò che stiamo vivendo oggi, immersi come siamo nelle nuove
tecnologie e nel web così ricco di informazioni ma anche di minacce che
talvolta si palesano in maniera subdola.
Realtà e finzione: il
confine diviene così debole in così poco tempo, così come la distinzione tra follia
e sanità mentale, la necessità di affetto e la solitudine.
La storia di Sonia mostra
quanto sia semplice e rapido passare da una chat a qualcosa di più tangibile ma
non per questo reale. Le identità mutano forma, il desiderio di evasione dalla
quotidianità prevale e le conseguenze possono essere irreversibili.
Emerge così la questione
dell’alfabetizzazione digitale, fondamentale in primo luogo per i più piccoli,
ma anche per i meno avvezzi alle nuove tecnologie, che si ritrovano a dover
esplorare un mondo che, come la realtà, può diventare rischioso se non approcciato
con gli strumenti idonei.
Sara Mesa è riuscita a
creare un romanzo che a tratti infastidisce proprio perché l’atteggiamo morboso
di lui e la falsa ingenuità di lei paiono così reali da poterli quasi toccare.
Si
viene trascinati dalla prima all’ultima pagina come spettatori inerti e tutto
ciò lo rende un libro fuori dal comune, fortemente attuale e aperto a mille
riflessioni.
“Le certezze si
assottigliano, diventano un lusso; ecco, quindi che tra le poche che mi sono
rimaste c’è che non voglio morire vergine. E non penso solo alla deflorazione
fisica, a quel piccolo strappo tra le gambe. No, penso che non voglio morire
vergine di esperienze, di vita, di sbagli di successi, di fallimenti. Non
voglio morire vergine di sole, di mare sulla pelle anche dove non sento più.
Non voglio morire vergine nel cervello avido di sapere, capire, conoscere.”
Un tuffo nell'acqua
troppo bassa e le gambe vanno a farsi benedire. Barbara aveva solamente
quindici anni e ritrovarsi improvvisamente tetraplegica non fu certo semplice. Anni per farsene
una ragione, anni di fisioterapia per riacquisire alcuni movimenti come quello delle
braccia.
E il resto? Forse una persona con una disabilità ripone in un cassetto
i suoi sogni, le sue aspirazioni e le sue pulsioni? Certamente no e Barbara
Garlaschelli ne è l’esempio più calzante.
“Non volevo morire
vergine” (Edizioni Piemme, collana Voci, marzo 2017) è il suo non voler morire
senza aver vissuto appieno ogni esperienza ancora nuova per lei. Si parla di
sesso, ma non solo, l’essere vergine riguarda sbagli e successi non ancora
vissuti, i viaggi che non ha ancora compiuto, le persone che non ha conosciuto,
le sensazioni che desidera provare nonostante tutto.
Barbara, milanese ma
piacentina di adozione, vive da sempre di parole, ha realizzato il sogno di diventare
scrittrice (ricordiamo i suoi “Sorelle”, vincitore del Premio Scerbanenco, “Non
ti voglio vicino”, finalista al Premio Strega 2010, e il memoir che ha avuto
grande successo “Sirena”), è laureata, ha una vita sociale intensa e la fortuna
di aver avuto due genitori che le hanno donato vicinanza, libertà e autonomia.
Ma ciò che per tanto tempo le è mancato è stato vivere delle esperienze intense
con degli uomini. Ne aveva vari tra gli amici ma il vedersi in una sedia a
rotelle era per se stessa, quasi più che per gli altri, un limite che pareva
invalicabile.
Sarà stato sufficiente tirare
fuori il coraggio e l’essere così fortemente ostinata per andare oltre?
Non vi resta che leggere
le duecento pagine di questo romanzo scritto con la profonda ironia che
caratterizza Barbara Garlaschelli scrittrice e donna, parole sincere, e prive
di filtri, che affrontano argomenti troppo spesso considerati tabù.
Barbara Garlaschelli
Per esempio chi ha mai
detto che essere disabili significhi essere privati del diritto di poter
esprimere la propria sessualità? E per quale motivo la questione
dell’assistente sessuale continua ad essere ignorata? Al riguardo nell’aprile
2014 venne presentato al Senato un disegno di legge ma chissà quanto ancora
sarà necessario attendere prima che la questione, considerata ancora troppo
spinosa, venga presa in considerazione sul serio.
La sessualità è un
aspetto fondamentale e imprescindibile di ogni essere umano, la storia di
Barbara diventa così ancora più importante e rappresenta una speranza per
tutti, disabili e non, è la prova di come nulla sia impossibile se davvero la
si desidera e se si ha la fortuna di avere accanto un forte ed adeguato sostegno.
“Il sesso, per la
società, non fa parte delle priorità di un disabile. Un disabile deve essere
accudito, curato, trattato come un infante anche se ha quarant’anni, ma è
impensabile che il suddetto abbia impulsi e desideri sessuali. Il disabile è un
essere angelico asessuato, un eterno fanciullo che può aver diritto a coccole e
abbracci e baci ma epurati dalla sensualità. Questo naturalmente lo pensa chi
disabile non è. Perché, udite udite, le donne e gli uomini disabili desiderano,
anelano, vogliono fare sesso. E non necessariamente innamorarsi. No, fare
l’amore per il piacere di godere di sé e dell’altro.”
"Anche Lino ha le cosce
forti come le mie, ma lui non scatta. A volte sembra che tiene paura di
correre, ed è brutto quando hai paura di correre perché rimani sempre indietro
agli altri che ti superano e si pigliano tutto quello che è tuo, anche la
gioia. Per questo io non ho paura e corro e mi piglio tutto, perché è tutto
mio. Funziona così quando non hai niente, quando parti da zero. Devi correre
più forte degli altri e vincere, sempre.”
Mario e Lino hanno
solamente diciassette anni ma conoscono già alcuni dei lati più sporchi e
negativi della vita. Entrambi infatti vivono a Forcella, uno dei quartieri più
difficili nel centro storico di Napoli e sono costretti a prostituirsi per
guadagnare qualche soldo per le loro famiglie. Lino ha una ragazza che vuole
sposare, Assia, mentre Mario una ragazza non l’ha e non la vuole neppure.
Ma come
confessare che gli piace Lino, che per lui non è solamente un amico?
E poi c’è
Annaluce, soprannominata la Santa piccola, la bambina che dicono abbia visto la
madonna, e ora tutti vanno da lei per chiedere un miracolo.
Quanto può essere crudele
la vita? E quale volontà divina, se mai ne esista una, potrebbe volere che dei
bambini, perché è questo che ancora sono, rinuncino alla loro infanzia prima e adolescenza poi?
“La Santa piccola” (Milena Edizioni, marzo 2017, narrativa LGBT) è l’ultima storia di Vincenzo Restivo,
autore di Marcianise (Caserta), al quinto romanzo, che amo dai tempi di “The
farm”, la prima pubblicazione che probabilmente alla maggior parte di voi non
dirà molto, passando per “L’abitudine del coleottero” (Watson Edizioni, 2014) e
il più recente “Storia di Lou” (Watson Edizioni, 2016).
La copertina di questo
piccolo volume è bellissima e ancora di più lo sono i tre protagonisti, così
giovani, con un’innocenza stretta tra le dita ma così difficile da tenere.
Cosa possono fare
l’ignoranza e l’omertà quando ci si ritrova intrappolati in una vita che non si
è scelta ma che ci si è ritrovati ad abitare?
Vincenzo Restivo
“La Santa piccola” è un
frammento di vita dei quartieri popolari di Napoli, tra le sue pagine ci sono i
suoi abitanti, le sue speranze, il suo gergo, i suoi dolori e le sue gioie.
I presupposti non sono
certo dei migliori per un ragazzo che vorrebbe solamente poter baciare l’amico
per scoprire cosa si prova ed essere sé stesso. Ma chissà che la Santa piccola
non riesca a regalare un miracolo anche a lui che non ci crede poi tanto.
Ancora una volta Vincenzo
Restivo tratta una tematica non certo semplice come quella dell’omosessualità,
lo fa con parole dure capaci però di esprimere una profonda poesia, con ferocia
e realismo. Un autore che sorprende per il suo essere così versatile, per il
suo sapersi esprimere in ogni occasione senza alcun timore.
Perciò se ancora non lo
conoscete dovete rimediare perché è difficile non rimanere ammaliati dai suoi
romanzi dalle trame sempre originali, dallo stile riconoscibile e molto
particolare, dai silenzi eloquenti che nasceranno al termine di ogni lettura
firmata Vincenzo Restivo.
Undici racconti, tanti protagonisti differente tra di loro, storie di donne, di uomini, di mogli e mariti, di figli e giovani coppie.
Amori, tradimenti, gioie e delusioni sono solo alcuni dei temi delle storie di Vanina Sartorio, architetta e scrittrice milanese, che ha gentilmente messo a disposizione una copia cartacea del suo "Racconti e disincanti" (13Lab Editore, 2016) per questo giveway.
Un volume da leggere e rileggere, con storie in cui i sentimenti sono i veri protagonisti.
Per provare a vincerne una copia dovete semplicemente commentare la foto che trovate a questo link facebook scrivendo cosa è per voi il disincanto.
“Perché l’amore, quando
ti arriva addosso, è il migliore dei tranelli. Improvvisamente le parole non ti
bastano più, ti rendi conto che difficilmente riuscirai a rendere vera
l’immagine che hai dentro. L’amore è come la colpa, ti fa sentire sempre al
centro dell’attenzione. È un problema senza soluzione, una canzone senza
finale, un sonno che non ti lascia riposare. L’unica cosa certa è che, se è
amore vero, quando cadi nella trappola te lo senti addosso.”
Immagino che tutti voi
saprete del nuovo romanzo di Sara Rattaro, “L’amore addosso” (Sperling &
Kupfer, marzo 2017), e chissà quanti di voi l’avranno già tra le mani ansiosi
di leggerlo.
Ho scoperto la Rattaro
nel 2012 con “Un uso qualunque di te” e da quel momento non mi sono persa
neppure una delle sue storie. Per questa ragione non potevo fare altro che leggere
quest’ultimo il prima possibile.
Protagonista de “L’amore
addosso” Giulia, una giovane donna che, nelle prime pagine, soccorre un uomo che
ha avuto un malore in spiaggia. Lui è in realtà il suo amante ma lei non può
dirlo a nessuno. Corre quindi in ospedale e poco dopo scopre che anche suo
marito si trova lì a causa di un incidente automobilistico e che lui era in
compagnia di un’altra donna. In quel momento tutta una serie di fatti passati
ritornano vividi come non mai e per Giulia è l’ennesimo colpo foriero di
dolore, di vecchie cicatrici mai rimarginate, tutto cambia ancora ed è in quel
momento che qualcosa si rompe definitivamente e la storia si riavvolge e comincia
nuovamente.
Ancora una volta Sara
Rattaro racconta con il suo stile diretto, con parole forti che spiazzano e
fanno riflettere e che rispecchiano realtà attuali talvolta celate forse per
paura, o per falsi pudori.
Sono mille le domande che
il lettore si pone nel corso e dopo la lettura: si tratta di vicende che possono
riguardarci in prima persona? È corretto giudicare la protagonista per quel
tradimento quasi cercato? E qual è il confine tra verità e menzogna?
Sara Rattaro
Ma soprattutto cos'è
l’amore? Un tradirsi a vicenda, nel senso più ampio del termine, o un voler a
tutti i costi nascondere parte di sé nel timore di rimanere troppo scoperti e
inevitabilmente vulnerabili?
“L’amore addosso” è
intenso, coinvolgente, si fa divorare in poche ore e quando si è giunti al
termine resta l’impressione di aver compiuto un viaggio tra i meandri di quanto
di più oscuro possa esserci nella vita di una donna in particolare e dell’essere umano in
generale.
Sara Rattaro non delude
neppure stavolta, amerete Giulia, vi ritroverete nelle sue incertezze, scandaglierete i rapporti tra madri e figlie e forse
osserverete la vostra quotidianità con occhi differenti.